Fare catcalling non significa fare complimenti
“Sono solo complimenti.“
Questo è, in sostanza, quello che si è sentita dire la maggioranza delle donne che abbiano contestato un episodio di catcalling.
Ma utilizziamo i termini giusti, perché le parole sono importanti ed il termine in inglese può essere fuorviante fino a renderla una cosa non necessariamente spiacevole (tanto più che contiene la parola cat, gatto, e.. i gatti non sono mai spiacevoli).
La trasposizione italiana più calzante è “molestia di strada”.
Rende tutto molto più chiaro, collocando il concetto tra le cose che di piacevole non hanno proprio niente.
Partiamo da un presupposto: le molestie non sono complimenti.
Un complimento può fare piacere, può essere lusinghiero, può farci arrossire, può avere secondi fini o essere finto.
Può anche metterci di fronte al fatto che una persona si è arrogata il diritto di giudicarci, anche se positivamente, ponendosi quindi in una posizione di superiorità.
Certo è che sono tutte situazioni che sappiamo gestire e non sono moleste.
Persino quando la signora del terzo piano ci incontra per le scale e ci spalma addosso un “Ti trovo benissimo!”, mentre noi siamo in modalità “occhiaia a panda + ciabatta infradito indossata a forza coi calzettoni” che scendiamo la spazzatura ed avremmo preferito andare a gettarla a nuoto in Islanda piuttosto che incontrare qualcuno; riusciamo agevolmente a superarne il fastidio.
La molestia è altro, ed è facilmente distinguibile dal complimento; se non si coglie la netta differenza è forse perché si sta comodi in questo limbo nebbioso.
Proviamo a fare un po’ di luce.
Non è un complimento quando provoca disagio, quando manca una relazione con l’altra persona che giustifichi l’invasione del proprio spazio, quando il luogo o il contesto sono inappropriati, quando non fa sentire considerati come persone ma solo come oggetti, quando non c’è reciprocità.
Partendo dal fischio per arrivare a commenti, gesti o addirittura pedinamenti, questi comportamenti provocano fastidio, imbarazzo, paura.
Molte donne pensano “E’ colpa mia perché mi sono vestita così” ed arrivano a cambiare modo di abbigliarsi, come se una gonna o una scollatura possano giustificare una qualsiasi intromissione nella propria sfera personale.
Nessun modo di vestire o atteggiamento può far sentire qualcuno in diritto di molestare un altro essere umano.
“Dovresti essere contenta che ti fischiano per strada, vuol dire che ti trovano attraente.”
Altro abominio sentito più volte per ridimensionare e sdrammatizzare la molestia.
Il retaggio culturale del secolo scorso, secondo cui una donna aveva ben poco da dare al mondo, se non la sua bellezza ed il suo essere una brava moglie e madre, è (purtroppo) ancora vivo e si aggira tra di noi.
C’è una sorta di ritorno nostalgico agli errori di un passato che si credevano ormai compresi e superati.
Le donne oggi non sono più i complementi d’arredo di una società patriarcale.
La strada è ancora lunga, ma noi siamo pronte a posizionarci in prima linea.
Nel frattempo, possiamo suggerire ai gentiluomini che fanno catcalling di adottare un gatto: insegnerà loro un po’ di educazione ed eleganza.
E ha unghie bene affilate.